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Nel brano di oggi vi racconterò come Beatrice, aiutata dal terapeuta, e ispirata dallo Spirito, sia riuscita a maturare una terza via di realizzazione. Realizzazione che ha riguardato sia se stessa, sia i propri cari. La via dello Spirito.

Abbiamo visto nella sezione precedente i due sistemi “omeostatico” ed eterostatico”, finalizzati entrambi alla protezione individuale o alla soddisfazione personale
Viceversa, nel terzo sistema motivazionale, il “sistema teostatico, motore dell’atto e fine del nostro agire non è la mente dell’uomo, o il nostro ego; ma Dio”. In tal senso, essere mossi dal sistema teostatico significa lasciare che lo Spirito mantenga la nostra riflessione ed il nostro agire primariamente orientati ai suoi valori. AI valori dello Spirito Santo.

Beatrice è stata condotta ad intuire quale fosse il sogno della madre – e della nonna: ossia l’amore per la musica, per la bellezza e l’arte. E si è attaccata a questa cosa bella; e l’ha perseguita concretamente, con costanza e determinazione. Ci ha creduto, con tutta la mente, e con tutto il cuore. Le ha funzionato quale strumento per coltivare la stima, l’auto-stima, la dignità e dunque il rispetto reciproco.

Su questa base, che è una base psicologica, e guidata dalla psicoterapia, Beatrice ha lasciato che lo Spirito la guidasse a perseguire questi ideali, abbandonando l’atteggiamento di rivendicazione che aveva caratterizzato il rapporto con i suoi familiari.

In che modo?
Beatrice pregava: e durante gli esercizi spirituali racconta che “Dio le ha dato una mazzata alla sua presunzione di giudicare e condannare la madre, la nonna, e la violenza del nonno.”
Dice Beatrice: “Dio mi sussurrava di smettere di cercare di avere potere, o pretese sulle cose brutte della mia famiglia. ‘Smetti di cercare di controllare tutto! Smetti di controllare il tuo corpo durante il rapporto intimo! Smettila di avere la pretesa di cambiare tua madre, o tua nonna, o di gestire la vita dei tuoi cari”.
E, in quel mentre, il nemico dell’umana natura mi diceva che ‘ero stupida!’ ‘Che sono stupida!’ ‘E che Dio mi stava dicendo che io non ero abbastanza capace’ ”.
Racconta Beatrice: “Mi sentivo confusa, e arrabbiata! Ma poi la guida spirituale mi ha detto: ‘Prima di tutto, non ti giudicare! La nostra vocazione fondamentale è quella del battesimo, tu sei voluta, tu sei desiderata, e Dio ti vuole amata!’ ‘Tu sei un artista: Dio ti parla nella maniera che ti è consona! E tu non stai dando credito a questa tua peculiarità, a questo tuo aspetto personale!’
E allora ho capito! Che mi devo fidare di me stessa, e del mio sogno!!
E la mia guida spirituale, ha aggiunto: ‘Sembra che il Signore ti voglia far scoprire che tu sei tante parti. Dio ti sta chiedendo di andare ancora più a fondo di te stessa. E ciò, magari, riguarda anche la tua carnalità. La nostra vocazione noi la viviamo anche nella nostra carnalità’. E aggiungeva: ‘La mia vocazione di prete io la sento anche a livello della carne’. ‘Lui, Dio, ha bisogno di tutti i tuoi aspetti!’ “

Vedete che questo discorso, così illuminato, poggia sul cardine del cristianesimo:

1) l’amore incondizionato di Dio, “senza se e senza ma”. Il suo accogliere tutte le nostre qualità, tutte le nostre parti, gli aspetti che hanno caratterizzato la nostra vita, e la vita dei nostri familiari. E inoltre, la sospensione del giudizio morale: non giudicare – non giudicarsi, e non condannarsi!⁸

2) la gratuità dello Spirito, la totale assenza di prevaricazione o di pretese. Gli atti mossi dallo Spirito Santo, che è Grazia (da cui la parola “gratis”), si caratterizzano in modo cruciale per la qualità dell’essere gratuiti. cioè dati liberamente e senza ricompensa, senza paga e senza alcuna pretesa, o merito.

Beatrice nella preghiera percepisce Gesù Cristo che si rivolge a lei dicendo: «Coraggio! Non aver paura!» Beatrice comprende, intimamente, che ci vuole forza (la stessa “forza” ed assertività che aveva imparato a riconoscere nel corso della psicoterapia), che ci vuole coraggio per smettere di pretendere di salvare i propri cari, di controllarli, di fatto prevaricandoli e imponendo loro un cambiamento. Perché ciò implica il fatto di lasciarli andare, di accettare che i nostri cari seguano la loro strada, nella libertà, magari separandosi fisicamente da noi. Accettare addirittura che muoiano.

L’amore per la dignità e la cura reciproca si esprime prima di tutto nel lasciare libere le persone, anche di sbagliare, facendo sì che si assumano le conseguenze delle loro azioni.
Questo è il punto cruciale: senza di questo non si può arrivare ad una profonda conversione: questo processo assume nomi diversi nei vari contesti culturali: “l’elaborazione del cordone ombelicale”, “liberarsi dagli attaccamenti, “passare la soglia”, andare oltre l’illusione di se stessi; affidarsi a Dio”.

Su questo punto si gioca la nostra maturità psicologica e spirituale: un mio amico psicanalista diceva: se fossimo in grado accettare la separazione da ciò che amiamo, allora saremmo in grado di amare fino in fondo.
E Madre Teresa, affermava esattamente lo stesso significato, nell’ambito spirituale: “Se noi accettassimo con un sorriso tutto ciò che Dio ci toglie e tutto ciò che Dio ci dà, saremmo santi”.

 

Nell’atto dell’affidamento, Beatrice abbandona il suo ego nella mani del Padre. E abbandona la presa con un atto libero e liberante. Ciò non ha comportato l’imporre il proprio volere ai genitori. Né tantomeno il tradire i valori dello Spirito. Piuttosto ha significato affidarsi allo Spirito lasciando che questo ispirasse la propria azione, rendendola mite ma determinata, ed incardinata nella cornice fondamentale e finalizzata alla cura e al rispetto reciproco (familiare).¹⁰

 

Beatrice ricorda il giorno in cui c’è stata l’alluvione, e lei è rimasta accanto al nonno Federico che moriva. Dice: “Ci sono stata!”

E aggiunge: “Non me lo scorderò mai il mio contatto con la morte, Era importante stare lì! Nonno stava morendo, ed io l’ho accarezzato; e lui mi ha guardata, mi ha fissato come se fosse commosso, come se dicesse, ‘sto morendo vero?’ Io: ‘Sì, nonno! Però vai! Non avere paura; tu vai, che noi siamo qui con te!’ Lui si è commosso, e col labiale mi ha detto: ‘Bella’... Io stavo lì perché ci volevo stare.”

Ecco il punto: “Ci volevo stare. Non l’ho fatto per dovere. L’ho fatto perché lo desideravo. Perché capivo che era necessario che stessi lì.”
“Ho affrontato il dolore di mio nonno, di separarmi da lui. E lui mi ha amato, mi ha detto “Bella!”

 

Questa è la prova che i genitori di Olimpio non avevano accettato di affrontare, quelli che erano “incapaci di stare davanti al dolore e alla morte”. E neanche Angiolina la affrontava, quando non si sottoponeva ai controlli medici. Per paura, o per presunzione, o per entrambe.

 

Afferma Beatrice: “Ora ho lo spazio mentale di pensare e di ridere anche per delle cavolate. Mi sento voluta per una mia peculiarità, e mi sono sentita scelta. Voglio fare un lavoro utile, incontrare l’umanità. Diventare fonte di felicità e di bellezza.”

 

Beatrice oggi ha vinto un premio importante. E commenta: “Non voglio più sentirmi in colpa per ciò che desidero. Per ciò che è il mio sogno. Mi metto in gioco, fino in fondo. E non voglio più autocommiserarmi. E quando mi butto in un progetto, quando mi immergo nella realtà, allora qualcuno se ne accorge, e si innamora di questa bellezza.”

Quando Beatrice ha vinto il premio, le persone più felici erano proprio sua madre e sua nonna, coloro che più avevano sofferto, nella loro vita, per il fatto di essere state private di questa bontà, e di questa bellezza. Coloro, che per paura, o rassegnazione, prima che Beatrice aprisse loro gli occhi con il suo agire coraggioso, non avevano compreso fino in fondo ciò che c’era nel loro cuore, “preferendo” rimanere al livello superficiale della sopravvivenza, e di fatto ostacolando l’azione salvifica dello Spirito presente in Beatrice.

 

Beatrice, con la sua scelta coraggiosa, ha riscattato tutti i membri della sua famiglia, in particolare le donne. Ciò dimostra che qui c’è davvero lo Spirito Santo di Gesù Cristo, che ha sempre il sapore dell’universalità, del win-win, del vantaggio per tutti, del bene di tutti.

 

Lo spirito di Gesù Cristo, in Beatrice, incarna il Regno di Dio, la tenda di grazia e verità, la dimora dove tutti gli abitanti della casa hanno alla fine trovato il proprio riscatto e l’amore reciproco.

 

Beatrice è passata dall’essere figlia carnale, della madre e della nonna, al ruolo di figlia di Dio, che si affida allo Spirito di grazia, di verità e di compassione.

⁸ «Io non sono venuto per giudicare il mondo. Ma per salvare il mondo» (Gv 12,47).

⁹ Il verbo fondamentale della preghiera del Padre nostro, ἀφίημι (afiemi) «“rimetti” a noi i nostri debiti» significa “perdonare” ma anche “lasciar andare, liberare, sganciare, alleviare o liberare da qualcosa che limita, che appesantisce, che opprime”; o anche “rinunciare ad una pretesa, ad un diritto”. Ovviamente, è diverso l’atteggiamento da assumere nei confronti dei minorenni, per i quali è necessario porre una linea generale di condotta, pur nel rispetto dei desideri e dei bisogni del ragazzo. San Paolo argomenta chiaramente la distinzione tra la legge come pedagogo e la Grazia.

¹⁰ Beatrice crede con tutto il cuore e fermamente nell'esistenza, ed ha fiducia nel potere e nella benevolenza di un essere supremo, Dio, che, ad un livello profondo, incarna con il suo Spirito sia se stessa, sia i suoi cari.
«Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34) Nel comandamento primo di Gesù Cristo, il motore dell’amore è lui: «καθὼς ἠγάπησα ὑμᾶς ἵνα καὶ ὑμεῖς ἀγαπᾶτε ἀλλήλους » καθὼς (kathṓs) “nella misura in cui, proprio come

ἠγάπησα ὑμᾶς: io vi ho amato
ἵνα (ína): “affinché”, “allo scopo che”, esprime il modo semanticamente più marcato per esprimere lo scopo in greco.
καὶ ὑμεῖς (kai umeis) anche voi;
ἀγαπᾶτε ἀλλήλους (agapate allelus): vi amiate l’un l’altro.
Le caratteristiche fondamentali di questa parola di Cristo sono due: la prima consiste nel fatto che l’origine dell’atto d’amore è lui («Noi amiamo perché Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo» 1Gv 4,19);
la seconda è che lo scopo dell’amore è “ciascuna di due o più persone in azione o relazione reciproca” («perché gli uomini si amino l’un l’altro»).
E’ anche opportuno precisare che l’ “atto” o lo “stato” di cui stiamo parlando non esprime un’azione mossa dalla volontà, o men che mai dal senso del dovere. Piuttosto rappresenta l’esito di un processo esperienziale, che nel caso di Beatrice si è andato coltivando nel corso di molti anni, mediato dall’esperienza e dalla partecipazione in prima persona.

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